La menzogna originaria

Evanzio, “La menzogna originaria”, Cosimo Ferracciuoli Editore, Salerno, 1979, pp. 326

Frutto di meditazioni giovanili, questo scritto affronta la tematica della parola. Dopo una dissertazione sull’importanza della parola in un mondo sempre più comunicativo, Evanzio afferma che la parola per essere veramente se stessa deve prescindere dalla realtà. Sembrerebbero parole in sè silenzio, nulla e lo zero, parole cioè che descrivono ciò che è impossibile da percepire nella realtà. Ma la parola è soprattutto discorso, la parola è comunicazione e deve essere utile. Ecco che quindi queste parole isolate diventano inutili, non hanno senso. E la parola che perde senso non è più reale.
Non si può, per lo stesso motivo, neanche cadere nell’astrattismo, dal momento che la parola ha bisogno di un codice comune e condiviso e, soprattutto di consenso.
Dove trovare, si chiete l’autore, la parola in se stessa? Evanzio risponde che è nella bugia, nella menzogna e nell’inganno, nella persuasione fine a se stessa. Ma l’inganno deve essere senza scopo, perché la parola ne verrebbe ridotta.
Ecco che allora i veri custodi della parola diventano i bugiardi patologici “sicchè il verbo e il tempo che anzi tutto stavano, trovavano loro ragion d’essere nella follia“, che è poi questa, secondo l’autore, la vera interpretazione dell’aforisma di Nicòlas Gòmez Dàvila “La parola non fu concessa agli uomini per ingannare ma per ingannarsi”.

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